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La storia di Teresa e del papà Ugo

È una storia come tante! Fatta di silenzi e di dolore. Fatta di sentimenti tristi e contrastanti. Fatta di senso di abbandono e di impotenza. E’ la storia di un uomo come tanti, un uomo speciale, buono, onesto e forte. Uno che non si fermava mai davanti a niente e che era in grado di “spaccare” le montagne con la sola forza di volontà e determinazione. E’ la sua storia, o meglio lo era. Perché un giorno una terribile malattia ha deciso di trasformarlo in un essere fragile e delicato, in una cornice il cui contenuto è stato completamente svuotato. Sto parlando della demenza, di quel terribile mostro che ti condanna all’oblio, che ti fa chiudere in un mondo che appartiene solo più a te e che lascia un vuoto totale nelle persone che tanto amano l’uomo che era ma non lo trovano più. Sto parlando di mio padre. Lo cerco nei suoi occhi color smeraldo, ricercando un guizzo di vita che ancora gli appartenga. Ma sono spenti, vuoti, a volte quasi disperati come a volermi comunicare che lui lo sa. Ho ancora il privilegio di essere sempre riconosciuta da lui, l’unica di tutta la famiglia, quasi come se il legame che ci ha sempre uniti non lo volesse lasciare andare via insieme a tutti i ricordi. E’ dura accettare che i ruoli si siano invertiti, ora sono io il suo “genitore”, sono io che mi prendo cura di lui e cerco di sollevarlo. Ma a me manca lui, era lui che sollevava me, era lui che si accorgeva solo guardandomi se qualcosa non andava, era lui che mi aiutava. Qualcuno mi ha detto che anche questo fa parte del diventare adulti, è vero, però fa male ed è innaturale. Tanti sentimenti e tante sensazioni affollano la mente; rabbia, negazione, rifiuto assoluto e totale, senso di solitudine e a volte anche di incomprensione,  perché non è più in grado di articolare un discorso di senso compiuto e tu non sai come rispondere. Si proprio così, malgrado io sia una di quelle che chiamano “addetti ai lavori”, mi ritrovo nella condizione di non sapere cosa fare e, cosa ancora peggiore, di non sapere razionalizzare. In questi giorni stiamo vivendo l’esperienza di un ricovero ospedaliero in un reparto specifico per la cura delle demenze e, guardandomi intorno tutti i giorni, mi accorgo di leggere, nei volti dei vari altri parenti, gli stessi sentimenti che provo io. 

Questa è la mia storia, mi chiamo Teresa e quella di mio padre Ugo, ora faccio parte della cooperativa e ero sempre stata abituata a vedere le situazioni dall’altra parte, come spettatrice e adesso che ho toccato con mano questa realtà, propongo come sto facendo con mio padre, la mia esperienza e il mio cuore.

Papà adesso è a casa e vive decorosamente la sua malattia.

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