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Ho voglia di vivere …

Elisa ha 83 anni. Siciliana dell’interno, ha avu­to il privilegio di studiare, prima al suo paese, poi a Siracusa dove ha preso il diploma magi­strale. Si è trasferita in Abruzzo in provincia di Teramo quando aveva 28 anni. Alla buona cultura ha aggiunto quella che si chiama una buona conoscenza del mondo. Ac­compagnando il fratello, ufficiale di carriera, ha potuto girare molte città italiane.

Elisa è sempre stata appassionata di letteratu­ra, poesia, arte e musica; tuttora passa gran parte del tempo leggendo, ascoltando musica; e, da qualche tempo, scrivendo un libro.

Superata la sessantina è stata colpita da emi­plegia e non si è più potuta spostare da sola. Per questo non usciva più da anni quando l’ab­biamo conosciuta nel 2014. Su segnalazione di un vicino siamo arrivati a casa sua. Versava in un grave stato di denutrizione e aveva le gambe coperte di vermi, praticamente in putrefazione.

Questo perché da molto tempo non andava più a dormire a letto e restava tutto il giorno sulla sua poltrona, incapace ormai di alzarsi da sola.

Suo fratello e la cognata, per evitare che ca­desse, quando uscivano la legavano a quella pol­trona, non la facevano più muovere. Quando, per muoversi, le capitava di cadere doveva aspettare intere mezze giornate prima che l’aiutassero a rialzarsi.

Pensammo subito di farla trasportare in ospe­dale dove i medici attribuirono la degenerazione del suo stato fisico alla grave denutrizione. Fu così che in un tempo sorprendentemente breve, circa un mese, poté tornare a casa. Al momento della dimissione i parenti chiesero che venisse assistita da una nostra badante contro la sua volontà ( poichè sempre abituata ad occuparsi da sola di tutto … non accettava la presenza di Olga, la nostra badante rumena ).

Prendemmo accordi con loro e iniziò l’assi­stenza domiciliare.

Al rientro a casa Elisa era allettata ed incon­tinente e noi dovevamo provvedere a tutti i suoi bisogni, dato che il fratello e la cognata non si occupavano affatto di lei se non per portarle la minestra.

Anche questo cambiò in breve: concessoci l’uso della cucina, cominciammo a preparare noi i pasti principali.

In poco tempo Elisa ha cominciato, anche con l’aiuto della fisioterapista e a Olga, a non stare più tutto il giorno a letto: uno dei principali obiettivi del­le visite domiciliari è stato proprio quello di farla alzare (e farla stare seduta soltanto parte del tempo) per camminare con l’aiuto di un de­ambulatore.

Nella sua stanza, quando ci stiamo noi e lei è in piedi, non c’è però quasi spazio per muoversi: infatti quasi tutto il pavimento è ingombrato da scatoloni e bauli con dentro tutta la sua roba. È, questo, il risultato dell’isolamento progressivo che ha accompagnato il suo rientro, vagamente tollerato dai parenti più stretti, in casa.

Il fratello e la cognata hanno praticamente smesso di entrare nella sua stanza, fino a rarefa­re la comunicazione quasi completamente. I rari rapporti con lei si sono ridotti a messaggi del tipo: «da domani non possiamo più portare giù l’immondizia»; oppure «il davanzale è sporco, bisognerà pulirlo».

Elisa, che non ha perso interesse nei loro con­fronti, tenta ormai di intuire i particolari della loro vita dai rumori dell’appartamento attiguo al suo. È da quei rumori che suppone o capisce se sono in casa o se escono, qual è il loro stato di salute o di che umore sono, le parole non esistono più. A prima vista si sarebbe detto che Elisa era un’ingrata, nei loro confronti. ombrosa, spesso arrabbiata, alla ricerca di pretesti per dire che  non erano in grado di  aiutarla, quando addirittura non passava ad accuse più incredibili e circostanziate, come quelle di avere rovinato degli oggetti o di averla allontanata dalla fami­glia. In realtà molti di questi rimproveri si sono rivelati altrettanti esami per verificare fino a che punto i parenti si occupasero  di lei e guada­gnare la certezza che, almeno  non l’avrebbero mai abbandonata. Ma per fortuna che Olga, giorno dopo giorno  si interlacciava sempre più nei fabbisogni di Elisa e diveniva parte integrante del suo vivere, dando modo di migliorare la qualità di vita di Elisa.

Un episodio per tutti: quello del «lavandino». L’accusa era di avere prodotto accidentalmente una crepa nel sanitario del bagno. L’unico modo per riparare sarebbe stato quello di acquistarne una nuovo, cosa per lei impossibile. «Ecco, non state mai attenti a come fate le cose». Ma pia­no piano aggiunse che del lavandino non le im­portava nulla e che voleva vedere se ci prende­vamo a cuore le sue preoccupazioni.

Da molto tempo, ormai, le «assistenti domi­ciliari e Olga » sono le uniche persone che lei vede du­rante la giornata: ed Elisa si prepara all’incontro umano pensando durante il giorno alle cose che dovrà dirci quando ci vedrà.

Nell’aprile 2015 una nipotina è andata a tro­vare il fratello e la cognata. Quando passava da­vanti alla sua porta, la spingevano a camminare più in fretta per timore che prendesse l’iniziativa di entrare da «zia Elisa». Ovviamente Elisa, la persona strana, ha commentato: «se non mi ve­nisse da piangere ci sarebbe da ridere».

E la fortuna ha voluto che incontrassi la cooperativa ” noi con voi ” e Olga che mi hanno fatto sorridere finalmente il cuore e finalmente dire :

ho voglia di vivere !

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